IL
SOGGIORNO NAPOLETANO
1892
- 1893
Gli
anni trascorsi a Napoli sono definiti dal D’Annunzio di «splendida
miseria», in quanto i disagi finanziari sono mitigati dall’entusiasmo
per il nuovo amore, Maria
Gravina, moglie e madre di quattro figli, che riesce a risvegliare la sua vena
poetica e si trasferisce con i figli presso il D’Annunzio. Nel 1893 la
coppia affronta un processo per adulterio, che non fa altro che far
nascere nuove avversità nei confronti del poeta negli ambienti
aristocratici, già profondamente segnati dal suo atteggiamento amoroso. I
problemi economici, accresciuti dalla nuova famiglia, spronano
D’Annunzio ad affrontare un intenso lavoro; ma tali problemi non cessano
affatto, infatti oltre ai debiti da lui contratti si sommano quelli del
padre deceduto il 5 giugno 1893. Gabriele lascia Napoli e si ritira
nuovamente in
Abruzzo presso
Michetti, lasciando la moglie e i figli a
Roma in un alloggio procuratogli da amici.
Domenica 02 Marzo 2008
Pescara
Per celebrare i settant'anni
dalla scomparsa di Gabriele d'Annunzio è arrivato ieri al Mediamuseum
Giordano Bruno Guerri con il suo nuovo libro edito da Mondadori "D'Annunzio.
L'amante guerriero".
Con l'autore sono intervenuti Giuseppe Papponetti e Giacomo D'Angelo, ed
è stato proposto un documentario sulla pescaresità del vate realizzato
da Enzo Biagi. Più che la presentazione di un saggio, in una sala
gremita come non mai, un piccolo convegno sull'ostracismo di cui il
D'Annunzio è stato vittima, come ha introdotto Edoardo Tiboni: «E' stato
massacrato, a partire dalla condanna stilata da Natalino Sapegno, e
inspiegabilmente relegato tra gli scrittori minori, travolto
nell'equivoco rapporto con il fascismo». Ma come spiega tanto
accanimento Giordano Bruno Guerri? «Ipotizzo tre motivi, a partire
dall'invidia. Invidia per chi ha cambiato un'epoca, riscuotendo successo
di vendita e fama, orientando le mode, seducendo donne bellissime,
dominando anche in giornalismo, teatro, cronaca e sport. La seconda
motivazione deriva dall'essere il nostro un Paese manicheo - continua
Guerri - eternamente diviso tra guelfi e ghibellini, rossi o neri,
laddove D'Annunzio sosteneva con coraggio “finiamola con le certezze”,
sperimentiamo. Non fu né di destra né di sinistra, raggiunse i vertici
di scrittura ottocentesca ne “Il
fuoco” e anticipò le
correnti del novecento nel “Notturno”. Fu lui a portare l'arte al potere
e non Marinetti che definì “un cretino fosforescente”». E il terzo
motivo? «Il suo credo “chi più gode conosce” e “la vita come piacere” va
contro la cultura del dolore, della privazione e del fioretto di cui è
infarcita la nostra cultura fin dal medioevo». Quindi assistiamo ad un
revisionismo della figura del vate? «Rivedere è la sostanza delle
scienze, altrimenti non ci sarebbe progresso. Il capolavoro di
D’Annunzio è la sua vita e quello che ha creato rimarrà per sempre».
Affluenza record al convegno al Liceo classico di Pescara - che a
D’Annunzio è intitolato - cui hanno preso parte autorità, studenti ed ex
alunni illustri: Fernando De Rosa ha rivelato come il vate fu mandato a
balia dal nonno presso una donna nelle campagne di Montesilvano, Anna
Lucia Di Pietro. Dotte e affascinanti le relazioni del professor Luciano
Russi e del sindaco Luciano D'Alfonso su aspetti inediti come il
concetto della “pace olimpica”; infine spazio in veste di relatori anche
agli studenti della Quinta F con un originalissimo ipertesto su
d'Annunzio e lo sport che ha strappato applausi. L’anniversario ha
riservato spazio anche a una polemica sul mancato acquisto, da parte del
Comune, delle lettere della madre del Poeta finite all’asta il 12
dicembre scorso. «Fummo informati del carteggio e fu chiesto di
partecipare all’asta come Comune - replica l'assessore alla cultura
Adelchi De Collibus -, eventualità improponibile non tanto per l'impegno
economico quanto per i tempi stretti per le pratiche necessarie. Ce ne
dispiace».
(continua)
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